QUANDO LA NOIA ROVINAVA L’ARTE
In Toscana, nella Basilica di San Francesco ad Arezzo (Pg). C’è un esempio di fair play al contrario. E’ la Basilica che non ti aspetti, dove basta avvicinarsi alla Cappella Bacci per capire cosa è accaduto anni fa. “Al visitatore attento non sfuggirà la presenza di alcuni segni che mostrano il fair play di brutti gesti del passato magistralmente recuperati, prima dagli sforzi minuziosi dei frati francescani e poi dall’attento restauro che ha interessato questo edifico religioso, ma soprattutto la Cappella Bacci tra il 1985 e il 2000, quando i restauratori sono riusciti a recuperare i danni effettuati dagli occupanti francesi”, spiega Serena Ricci, guida turistica di Arezzo e provincia. “Gli occupanti francesi si sono accampati nella nostra città nel 1799-1800 utilizzando questa chiesa come stalla per i cavalli. Purtroppo gli stallieri avevano molto tempo libero e poche distrazioni, quindi, il gioco più usuale (di queste persone accampate nelle chiese) era quello di grattare via con le lance gli occhi e le bocche delle figure raffigurate sulle pareti ad affresco.
In questo caso ci sono alcune tracce che restano indelebili, perché la mancanza della pittura non è stato possibile recuperarla, ma il restauro ha potuto rattoppare un brutto gesto del passato. Ma i gesti brutti si possono prevedere. Infatti, a tutti coloro che vengono a visitare la Cappella Bacci, la prima istruzione che viene data dal personale per conservare questi affreschi, è quella di non entrare mai né con ombrelli, né con bottigliette d’acqua. Fanno posare tutto prima dell’ingresso, proprio per evitare che qualcuno distratto, o preso dalla voglia di lasciare un segno del proprio passaggio sopra questa meravigliosa arte rinascimentale, con la bottiglia d’acqua oppure grattando con la punta del proprio ombrello”, conclude la Ricci.